«Nell’agosto del 2014 mi trovavo a Marsiglia per un convegno e per immergermi nella cultura di quella suggestiva città. Mi colpì un servizio televisivo, sul canale 3 nazionale francese, che parlava di un’opera di Verdi e che illustrava alcuni passaggi su un pianoforte che non avevo mai avuto modo di conoscere, uno Steingraeber & söhne gran coda (lo strumento prediletto da Wagner e impiegato nel celebre festival di Bayreuth, sede ancora oggi della fabbrica), di altissima qualità artigianale, molto raro da trovare nei teatri. Sono rimasto affascinato, nei giorni seguenti non riuscivo a togliermi dalla mente quel suono e quelle immagini, i dettagli della meccanica, la cura della fattura.
Alla fine del convegno ci fecero uscire dalla sala e allestirono nel giardino adiacente un rinfresco all’aperto. Prima di uscire, però, rimasi in disparte, in silenzio, come attratto da qualcosa che stava in mia presenza anche se invisibile. Poco dopo si aprì una quinta e comparve un pianoforte gran coda con il suo rivestimento sagomato, nero. Salii sul palco, alzai la coperta e… era proprio lui, quello che avevo visto in televisione, lo Steingraeber; aprii con devozione la tastiera e, senza interrogarmi sul perché, sul come, sulle conseguenze, cominciai a suonare. Era così leggero, che sembrava che suonasse da solo. Aveva un suono pieno, rotondo, penetrante, capace di entrare in profondità anche se appena sfiorato… Le note si sfilavano come perle da una collana che cadevano una a una con un suono nitido.
Nel frattempo, una a una, alcune persone lasciavano il rinfresco e venivano a sentire quel concerto improvvisato. Un uomo mi osservava dalle quinte, sapevo che presto mi avrebbe detto che doveva chiudere e che avrei dovuto smettere, ma lo ringrazio ancora perché aspettò in silenzio, ascoltandomi, in piedi per un tempo che durò forse venti minuti, a giudicare dai pezzi che suonai, ma che a me sembrò magicamente infinito. Poi mi alzai, accarezzai quell’oggetto unico, ringraziando gli artigiani che avevano costruito quel capolavoro, quell’uomo che mi aveva permesso di suonare e, pieno di quella gioia che può esprimere solo la musica o il silenzio, uscii nel sole di Marsiglia».